site logo
  • ABOUT
    • CHI SIAMO
    • REDAZIONE
  • NEWS
  • TURISMO
    • ATTUALITA’
    • ITALIA
    • EUROPA
    • MONDO
    • BENESSERE
    • ENOGASTRONOMIA
    • OSPITALITÀ
    • TRASPORTI
  • REPORTAGE
  • CULTURA
    • EVENTI
    • LIBRI
    • MOSTRE
    • NATURA – SCIENZA
    • STORIA – STORIE
  • TOUR OPERATOR
  • CONTATTI
Homepage > CULTURA > MOSTRE > Alla ricerca delle antiche strade transappenniniche tra Bologna e Toscana
giugno 28, 2017  |  By Giuseppe Rivalta In CULTURA, STORIA-STORIE

Alla ricerca delle antiche strade transappenniniche tra Bologna e Toscana

531 Via Flaminia militare, basolati

Come a Cristoforo Colombo viene attribuita la scoperta dell’ America, in realtà già conosciuta  da tempi antichi, così ai  Romani  viene attribuita la paternità di  strade create ed utilizzate dalle popolazioni locali,  che magari i Romani hanno soltanto provveduto ad ampliare e migliorare.

Come nasce una viabilità?Appena si formano tracce, create  dal passaggio degli  animali all’interno di foreste, savane o praterie, queste tendono a  mantenersi grazie al movimento  che s’instaura lungo quel determinato percorso. L’uomo ha sempre seguito questi  veri  e propri sentieri che  portano  all’acqua o ad punto più vicino. Siffatte  vie,  pian piano,  diventano  vere e proprie strade. Qualcosa  del  genere  deve  essere  avvenuto fin  dall’epoca Post Boreale per quello  che  riguarda  il  nostro  territorio appenninico. Infatti, 20.000 anni  fa, gruppi  paleolitici seminomadi hanno iniziato  a  lasciare  segni  della  loro presenza. Fin dall’inizio  dell’Età  dei  Metalli (tra  il 2500 ed  il 2300 a.C.) sono stati scoperti oggetti di provenienza extraregionale. Un caso  per tutti è un  ascia-martello  incompiuta,  scoperta dall’autore  in un inghiottitoio  sull’altopiano gessoso del Farneto. La  tipologia ed  il  materiale di questo oggetto sembrano  provenire da  zone  al  di là  dell’Appennino. Più  tardi, alla fine  dell’Età  del  Bronzo (1150 -1000 a.C.) si  sviluppa  una  cultura che  documenta  come  la penisola italiana  si  fosse già,  almeno culturalmente,  unificata con  sepolture ad incinerazione  e che, dal  900 a.C. , si  regionalizza  con la  nascita  di  facies tipiche: la prima è il  Villanoviano.

Via Flaminia militare, basolati
Via Flaminia militare, basolati

Gli Etruschi:  primi costruttori di strade. Recentemente  è  stato dimostrato  che  esiste  un  legame  genetico, fin  dalla  fine  del  Neolitico,  tra  gente della  Toscana  ed una  popolazione  dell’Eurasia che  viveva nella regione occidentale  della Turchia: erano  gli  Etruschi. Lo stesso  Erodoto  sosteneva  che  gli  Etruschi (o Tirreni) provenivano  dalla Lidia. Dal VI° secolo a.C., quando iniziò la  loro  espansione,  questo popolo raggiunse  aree  al  di là  dell’Appennino  Tosco-Emiliano.  Essi  furono i primi costruttori  di  vere strade sul  suolo italico. La Via Clodia, ad esempio, collegava Cerveteri a Bolsena, mentre la Via Cassia andava  da Roma a Cortona. La  stessa Via Aurelia , lungo il  Tirreno, fu  inizialmente  etrusca.  La professoressa Paola Foschi  fa  osservare che la  presenza  di nomi  di certi fiumi o torrenti (= idronimi), sono  di derivazione  etrusca (es: Quaderna, Santerno, Diaterna,  ecc.), oltre a quelli di santuari  votivi (come  quello del  Peglio vicino  alla Raticosa) ed a  villaggi  (come  Monte Bibele e Monterenzio  Alto). Tutti questi  elementi sono posizionati nei pressi   di  quella  che  poteva essere  una  via,  sullo spartiacque tra Idice e Sillaro, divenuta poi nota  come Flaminia Minor. Proprio  osservando l’orografia della  nostra penisola,  si nota un sistema di  crinali che fin dall’inizio hanno favorito i trasferimenti. La Via Emilia ancora oggi ricalca una  lunga  pista pedemontana che permetteva l’urbanizzazione dei  villaggi,  i quali  ormai  si stavano  collegando con  centri  agricoli ed erano  in  comunicazione  con le  dorsali  appenniniche. Secondo  l’antropologo Giovanni  Caselli esiste  l’ ipotesi  di  una “Via Tirrenica” che  da Chiusi, via Fiesole, arrivava a Bologna. Non mancano  nemmeno  dorsali  definite  etrusche, tra Lucca e Bologna. Vicino  a Capannori (Lucca), durante lavori di  ampliamento di un inceneritore, nel 2004 è  stata scoperta  una  strada che lo  storico  greco Schillace  di  Carianda (VI°-V° sec. a.C.) descriveva  come una  strada  larga 7  metri,  che  in  soli  3 giorni consentiva al “popolo  dei  Rasenna” (Etruschi) di  passare  da  un mare all’altro.  ovvero  dal  Tirreno  a Spina (= Comacchio). Tra i basoli che lastricavano questa carreggiata, gli archeologi  hanno trovato pezzi di vasi attici, di  bucchero e chiodi di ferro delle ruote dei carri. Questi reperti hanno permesso di datare perfettamente i 300 metri di  strada ritornata alla luce dopo 2500 anni.   Dopo secoli  di  scontri  con  Roma, a  partire  dal I° secolo a,C. l’Etruria  era stata ormai del  tutto  “romanizzata” e  addirittura,  nell’89 a.C. gli  Etruschi  ottennero  la  cittadinanza romana.

Le vie consolari romane
Le vie consolari romane

I Romani: grandi costruttori della rete stradale. I Romani , dal canto loro,  dedicarono  molte  delle loro energie per costruire  strade, oltre  a fare  acquedotti  e  cloache,  come  scriveva Plinio il Vecchio. Le Vie Consolari  crearono una  rete  di  comunicazione  a  livello  prima  italiano, poi  europeo. Secondo  certi autori,  l’utilizzo  di  queste  strade  era stato previsto per poter spostare  velocemente  le  legioni  da  un  punto  all’altro  dell’Impero, pur consentendo il  transito  anche  ai mezzi  commerciali. Secondo  alcuni  calcoli, la rete  stradale  romana  copriva  almeno  100.000  km., di  cui  molti  lastricati. Solo in  Italia le  principali  Vie Consolari  erano  più di dieci, ancora  oggi  percorribili  con mezzi  moderni.   La  realizzazione dei tratti  lastricati  è descritta da Vitruvio,  che definiva quattro  strati e  cioè: fondamenta (statumen), intonaco di  fondo (rudus), ghiaia e argilla (nucleus) e blocchi  di  roccia squadrati (pavimentum). Tuttavia anche gli Etruschi preparavano un adeguato fondo prima di lastricare. Tra  il  220  ed il 219 a.C. venne  costruita  da Gaio  Flaminio Nepote  la Via Flaminia, che  congiungeva Roma a Pesaro  e  poi  a Rimini. A questo punto  si inizia a parlare  del  nostro  Appennino. Infatti Caio  Flaminio Console  nel  187 a.C.  sconfigge  i Liguri Friniati (del Friniano), i quali  erano asserragliati  nella Valle  del  Secchia e  del Panaro. Poco  dopo  iniziò la  guerra  contro  i Liguri Apuani. Queste  popolazioni  avevano più  volte devastato  le  zone  di  Bologna e Pisa.  La  costruzione  di una  via transappenninica (contemporanea a quella della Via Emilia)  tra  i  territori  emiliani  ed Arezzo, ebbe lo scopo   di renderli più  sicuri.

Carta dei ritrovamenti romani tra Idice e Sillaro
Carta dei ritrovamenti romani tra Idice e Sillaro

Da Felsina a Bononia. Felsina (città-stato etrusca), fondata nel  534 a.C., era stata ormai  circondata  dai  villaggi dei  Celti (Galli Boi). Poi  a  causa  di  tensioni  crescenti  con i Celti stessi e anche  con i  Romani, gli Etruschi  si  ritirarono dalla pianura padana, lasciandola  ai  Galli  Boi che la  rinominarono  come Bona (= luogo  fortificato). Così rimase  fino  al  189 a.C. quando il console Publio Cornelio Scipio Nasica li sconfisse sulle  rive  del  Fiume Idice, nei pressi  dell’odierna Castenaso. Il tal modo le  provincie  romane  si  spostarono lungo l’asse della futura Via Emilia. Il senato della Repubblica, nello stesso  anno, promulgò l’istituzione della colonia romana di  Bononia.  Marco Emilio  Lepido (eletto  console dopo che aveva sconfitto  definitivamente  i Liguri  insediatisi  sul  Monte Balista (zona  del  Monte Beni) sul  crinale  appenninico,   nel  187 a.C. diede inizio  alla  costruzione della Via Emilia (probabilmente riadattando un percorso  etrusco).

La Via Tirrenica
La Via Tirrenica

La Via Emilia  pedemontana e la via transappenninica Flaminia Minor. La  posizione  di  Bononia  era  importante  perché  a  metà  strada tra Rimini  e Piacenza. Contemporaneamente il console  C. Flaminio iniziò  a  costruire una  strada transappenninica  che  doveva collegare  Bologna ad Arezzo. La  scelta  di  Arezzo (fondata  dagli  Etruschi  su insediamenti  del Paleolitico) era  dovuta  all’importanza  da  sempre avuto da questa città, ma che,  in  diverse  occasioni,  aveva mostrato  un  mai  sopito spirito  di  ribellione  contro Roma. La  viabilità,  che si presume fosse la migliore per collegare Bononia ad Arezzo,  era una  strada   passante sul  crinale Idice-Sillaro. Infatti  secondo il Prof. P.L. Dall’Aglio (Professore di Topografia Antica- Università  di  Bologna) “…se la Via Emilia svolgeva il  compito  di unire i  due  capisaldi  di  Rimini e Piacenza, la Flaminia “Minore” aveva  lo  scopo  di  collegare il più  direttamente  possibile, la  zona bolognese, cioè il settore centrale della pianura emiliano-romagnola,  con la piazzaforte  di  Arezzo…” L’innesto  di  questa  strada transappenninica , secondo  il  Prof. Renato  Scarani, avrebbe avuto  il  suo inizio/arrivo  a Claterna  sulla via Emilia  presso  Varignana Superiore, località in posizione  dominante. Varignana è un tipico toponimo  fondiario  romano derivante da “Gens Varinia”. Sulla  collina  dove si  trova  la  chiesa preromanica  di San Lorenzo furono  trovati  reperti  romani. Claterna (accanto  al  torrente Quaderna)  era una  cittadina  posta tra  Bononia e Forum Cornelii (Imola) ed  era una  tappa  del  tragitto  tra  queste  due  colonie  maggiori, ad  una  distanza  cioè corrispondente  ad  una  giornata  di  marcia delle legioni. Nel 1300 esistevano  ancora  i  ruderi  dl un  ponte romano  sul  torrente  Quaderna. L’Abate Serafino Calindri, studioso  della  fine  del  1700 dell’ Appennino  bolognese, riferisce  inoltre  che attorno  al  territorio  di  Claterna  esistevano  allora  ospedali  e osterie,  a  dimostrazione  che  vi era ancora in  quel  secolo  un  certo movimento  di persone e  merci. La Flaminia Minor venne  ricercata,  negli  anni ’80 del  secolo  scorso,  anche dal parroco  di  San Clemente  Don Renzo Calzi, appassionato  di  storia antica.  Lungo  la  dorsale  Idice –Sillaro, infatti,  sono  venuti  alla  luce numerosi ritrovamenti  romani  in direzione  del  Passo  della Raticosa  Forse  questi  elementi  non  erano lì per  caso ! Al Podere La Torre fu  scoperta  una  vasta  necropoli come  più  a Sud,  a Cà  Migliarina ,  vari  materiali  ecc. Complessivamente  si  contano una  ventina  di  siti  che  hanno prodotto  materiali  di fattura romana lungo  questa  direttrice la quale, per altro,  non presenta mai  forti pendenze.

Scavi a Monterenzio Alto
Scavi a Monterenzio Alto

Oggi  alcuni  tratti  che  attraversano  calanchi  di  Argille Scagliose sono certamente  mutati  con il passare  dei  secoli, diventando più  dirupati, ma  queste morfologie  non  sono  sempre state  così. Occorre  notare  come, a  parte Claterna,  vi  erano  altre  località  che  in  qualche  modo  si  correlavano  alla via Flaminia Minor.  Le  due  principali  erano  Settefonti  e Castel  dei  Britti. Attorno  a queste  sono  venuti alla  luce almeno venti siti  con presenza  di  materiali  romani. Per quanto  riguarda  Settefonti, forse  esisteva una  via  che  la collegava all’agro  di  Claterna  passando  nel  fondovalle  del  torrente Quaderna (in  cui  si  vedono  tratti  con basolati  certamente  antichi,  i quali  oggi  si perdono  nel  bosco  che sale sulla  collina  in  direzione  di  Settefonti. Un altro  elemento non  meno importante  è la  presenza  dell’insediamento  etrusco-celtico  di  Monte Bibele, sul  crinale Zena –Idice. Qui  dal  400 a.C. un  gruppo  di  etruschi  creò un  villaggio costituito  da  una trentina  di  case e magazzini  edificati  su  terrapieni  di  pietre. Anche di  fronte, a Monterenzio  Alto,  fu  costruito un  analogo  villaggio. Tra  il  380 -350 a.C. a Monte Bibele  si  aggiunse un gruppo  di  Galli Boi, che  importarono  i loro riti e tradizioni.  Insieme le due comunità  vissero  per  almeno  tre  generazioni. Un elemento degno  di  considerazione  è dato dal fatto che proprio  sul  letto  del  torrente Idice e sulla  montagna  di  fronte a Monterenzio (in latino  “Monte Terenzio”, altro  nome romano) si trovavano   importanti  affioramenti  di  minerali  di  Rame, un  metallo che era  molto  ricercato per  realizzare  oggetti  (armi, elmi ecc.). Quindi  anche questo è da considerare un dettaglio non insignificante ! Tra  il 200 a.C.  ed  il 187 a.C. questi insediamenti etrusco-celtici  vennero  distrutti  dai  Romani:  appena  due anni  più tardi i Galli  furono completamente sconfitti  dalle  legioni.

A sinistra Flaminia Militare a destra la Flaminia Minor
A sinistra Flaminia Militare a destra la Flaminia Minor

Dalla Flaminia Minor alla Flaminia Militare. Nel  187 a.C.  iniziarono i lavori per  la  realizzazione  della Flaminia Minor. Verso il  64 a.C.  Arezzo, per  ottenere una sua autonomia, si ribellò a Roma. Per tutta risposta  Giulio  Cesare, per punirla, inviò i  propri  “Veterani” ed in breve l’assetto  demografico originario  venne sconvolto. Nello  stesso periodo  veniva fondata Firenze, dopo  aver  bonificato  la Valle  dell’Arno . Automaticamente  la  floridezza  di  Arezzo  declinò  e  con  essa  gli  scambi  con Claterna e Bononia. Tuttavia  in  Età  medievale continuarono  ad esistere  insediamenti, religiosi  e  di  sosta,  lungo la Flaminia Minor. In quei tempi  era ancora utilizzato il termine  “Via Flamenga” (etimologicamente  Flaminia). Sopravvivono anche oggi  in questi luoghi  la  casa “Migliarina”, la  località  “Ancisa”(= Incisa),   termini  viari romani,  il nome  di  Monte Cerere (divinità  romana  della Natura e coltivazione  dei  campi), Settefonti ( Curte septem funti), Castel dei Britti (Castrum Britorum o Gissaro), ecc.  Nell’Atlante dei Beni Culturali , nel  capitolo sulle infrastrutture del  territorio  dell’Emilia Romagna, la prof. Antonella Coralini  in una  cartina  mostra  la  presenza  di  due strade: la Flaminia Minor  ad est ed  una seconda  più  ad ovest. Quest’ultima  è stata  nominata  da Cesare Agostini  e Franco Santi  come “Flaminia Militare”. Furono  loro  a scoprire questa via lastricata , dopo  anni  di  lavoro per  riportarla  alla  luce, dai  boschi  che  l’ avevano  coperta. E’ situata, questa strada,  tra  Setta e Sambro, caratterizzata da  grandi  basolati di un’ arenaria  molto  resistente.  Che   via,  allora, poteva essere?   Gli  scopritori  hanno  chiamato questa strada  Flaminia Militare ed hanno ipotizzato potesse partire dal ponte ( sicuramente di origine romana) di  Rastignano per  poi  passare  da Jola , dove  esiste  una  base  di  colonna con una parte d’iscrizione  romana  (TER= pater?) , da  Paderno (Fundus  paternum?) , Pieve del Pino (Sant’ Ansano),  Monte Adone, Brento,  Monterumici,  Monzuno (Mons Junonis),  Monte Venere, Cedrecchia (Cedricula, o un  termine  legato  alla dea Cerere?), Madonna  dei  Fornelli (antico nome  legato alla  presenza  di  carbonai)  ecc., fino  al ripido crinale di Pian di Balestra. Quassù  sono  venuti  alla luce  lunghi  tratti  di basolato molto  simili  a quello  romano, ma  ancora  in  fase  di  definizione da parte degli archeologi,  non ostante  gli  scopritori  ne  sostengano  con  forza  questa origine. Con  ogni  probabilità un tale  percorso, ricco  di  toponimi latini (ma  scarsissimo  di  reperti  romani ), poteva far  parte  di una via che  scendeva in Toscana forse a Firenze, città  che, come  già  accennato,  era  stata fondata  nell’VIII° – IX° decennio  del  I° secolo  a.C. In riferimento al ritrovamento  etrusco di Capannori, alcuni ipotizzano  che la  soprannominata Flaminia Militare  potesse anche dirigersi  verso  Pisa e  l’Isola d’Elba, dove vi  erano le  miniere di  ferro.  Oggi Il Prof. Antonio  Gottarelli, come  del  resto il prof. Daniele Vitali, restano  convinti propugnatori  di una Flaminia Minor situata  tra Sillaro  ed Idice.

La Via Etrusca a Capannori (Lucca)
La Via Etrusca a Capannori (Lucca)

Tra  l’altro, nella  antica  Tabula Peutingeriana del XII°-XIII° secolo d.C (una  copia di una antica carta romana), compare indicato  tra Bononia e Claterna  il  fiume Isex (=Idice), contrassegnato  da  una  riga rossa. Evidentemente  per  indicare  il  fiume Idice  in  una  carta geografica  che  copriva  tutto l’Impero  Romano  dalla Gallia all’Asia Minore, doveva  essere  un  riferimento importante per  il  viaggiatore  che  voleva attraversare l’Appennino.   Ovviamente ancora vi  è un dibattito aperto, come spesso  accade. Certo è  che  entrambe  le strade Minor e Militare  sono  scomparse  dalla Storia  da secoli  e  solo  ora  riaffiorano, grazie alle ricerche  di tanti studiosi ed appassionati. In questo modo si ridà  nuova  vita a  territori  dimenticati, ma  per questo  ancora  pieni  di  fascino e rimasti ancora  praticamente intatti, giustamente evocati  verso  un moderno turismo sostenibile  che diventa una forza economica  trainante per le  piccole comunità  viventi  ancora  in questi  meravigliosi  territori.

Testo/foto Giuseppe Rivalta


 

Print Friendly, PDF & Email
cultura storia-storie

Article by Giuseppe Rivalta

Previous StoryGiava, Bali e Sulawesi, tra isole e vulcani in Indonesia
Next StorySingapore da scoprire

Related Articles:

  • APERTURA
    A Bolzano per Ötzi l’uomo venuto dal ghiaccio
  • APERTURA
    "Si possono tramutare i vermicelli in spaghetti"? A Bologna, si!

caterorie

  • ATTUALITA’ (66)
  • BENESSERE (53)
  • CULTURA (74)
  • ENOGASTRONOMIA (183)
  • EUROPA (49)
  • EVENTI (191)
  • ITALIA (74)
  • LIBRI (27)
  • MONDO (71)
  • MOSTRE (66)
  • NATURA/SCIENZA (60)
  • NEWS (99)
  • OSPITALITÀ (88)
  • REPORTAGE (61)
  • STORIA-STORIE (56)
  • TOUR OPERATOR (93)
  • TRASPORTI (41)
  • TURISMO (230)

cerca

archivi

facebook

facebook

instagram

instagram

registro della stampa

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano N°85 del 21 febbraio 2017

Direttore Editoriale
Anna Maria Arnesano
Via California 3
20144 Milano
am.arnesano@gmail.com
info@terreincognitemagazine.it

Direttore Responsabile
Anna Maria Arnesano
Co fondatore Giulio Badini
Via California 3
20144 Milano
arnesano1@interfree.it

Le immagini a corredo dei testi vengono a volte tratte da internet e da Google Immagini, i quali non sempre indicano correttamente i nomi degli autori o la presenza di copyright.
Qualora inavvertitamente avessimo inserito immagini violando dei diritti, preghiamo i diretti interessati di volercelo segnalare. A richiesta provvederemo a rimuovere subito l’immagine incriminata, oppure ad indicarne la corretta attribuzione. Grazie

latest posts

  • Vacanza benessere mi rilasso e mi rimetto in forma gennaio 27, 2023
  • Colazioni in hotel le più creative in Italia e nel mondo gennaio 25, 2023
  • Tipicità Festival 2023 parte da Londra il viaggio verso la trentunesima edizione gennaio 23, 2023
  • Si parla anche arabo nel nuovo menù del Rome Cavalieri Waldorf Astoria gennaio 20, 2023
  • È tempo di detox per iniziare l’anno in piena forma gennaio 18, 2023

tags

anogastronomia attualità attuslità benessere cultura enogastronomia enpgastronomia europa eventi evento italia libri mondo mostre natura natura-scienza natura-storie natura/scienza news ogastronomia ospitalità ospitalià ospitaltà reportage repotage scienza storia storia-storie storia/storie tour operato tour operator tour operator. turismo trasport trasporti Ttualità turismo

libro

libro

Terre incognite: geografia per viaggiatori curiosi

Copyright © 2016-2017 Terreincognite Magazine, Tutti diritti riservati.