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Homepage > TURISMO > ITALIA > Il Poli Museo della Grappa, quando l'impresa fa cultura
gennaio 20, 2020  |  By Monica Guzzi In ITALIA

Il Poli Museo della Grappa, quando l’impresa fa cultura

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Una grande storia di famiglia, capace di richiamare più di centomila visitatori ogni anno. Protagonista la grappa, anima del museo voluto 17 anni fa dalla famiglia Poli per raccontare un’epopea lunga più di un secolo, cominciata dal bisnonno GioBatta in un paesino di poche anime, dove di lì a poco sarebbe passato il treno, per arrivare, di padre in figlio, di intuizione in intuizione, fino ai gloriosi giorni nostri. Siamo in Veneto, in provincia di Vicenza. Partito dalla produzione di cappelli in paglia, GioBatta cominciò a vendere coi cappelli anche il vino e costruì una piccola distilleria montata su un carretto, andando per le case a distillar vinacce. Iniziò così la storia di una delle più importanti famiglie di grappaioli nostrani.

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Diversi decenni più tardi, a chiudere il cerchio, nasceva a Bassano, nella capitale italiana dei distillati, il Poli Museo della Grappa. Un omaggio alla tradizione ma soprattutto un’intuizione felice, che ne ha fatto non solo uno dei primi musei d’impresa del Paese, ma anche uno dei più apprezzati, con tredicimila visitatori in media ogni mese e picchi di quindicimila persone. Un museo sempre aperto, chiuso solo nelle feste comandate di Natale e Pasqua. Il Poli Museo di Bassano del Grappa nasce da una lunga ricerca e si compone di cinque suggestive sale con testi in italiano ed inglese e proiezione video in varie lingue. Poi con gli anni è raddoppiato. Oggi infatti accanto alla sede storica del museo ne è nata un’altra. Si trova a Schiavon, piccolo paese di mille anime ai piedi della pedemontana veneta, lungo la strada che da Vicenza porta a Bassano.

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Qui, accanto alla distilleria, è sorto un museo su due piani. Alla storia della famiglia e dei suoi vulcanici capitani, tra biciclette e moto d’epoca, foto ed alambicchi, sono dedicati mille metri quadrati di esposizione, aperta alle visite guidate in tre lingue, con oggetti originali e video disponibili dal lunedì alla domenica (le visite guidate dal lunedì al sabato). Il nucleo principale da cui ha avuto origine il museo è costituito da una raccolta di circa 1.600 volumi antichi e moderni sull’arte della distillazione, fra cui spicca il “Liber de arte distillandi” di Hieronymus Brunschwigh dell’8 maggio 1500, il primo testo stampato sull’argomento.  Non mancano poi le bottiglie: a Bassano si possono vedere 1.500 bottiglie mignon provenienti da 323 distillerie, mentre a Schiavon sono esposte circa 2.000 bottiglie di grappe in formato normale prodotte dagli anni Trenta agli anni Ottanta e provenienti da 440 aziende, molte delle quali non esistono più.

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Un viaggio nella storia del costume e del design, attraverso centinaia di etichette che raccontano non solo un prodotto, ma anche una società. L’ultima arrivata è una bottiglia datata 1880, la più antica di cui si abbia conoscenza. Il vero pezzo forte è tuttavia lo storico alambicco, fra i più antichi ancora in funzione: composto da caldaiette completamente in rame, come nella più ferrea tradizione, funziona a vapore e lavora a ciclo discontinuo. La vinaccia viene caricata nelle caldaiette e viene distillata. Dopo circa due ore, esaurita la materia prima, le caldaiette vengono scaricate, per essere riempite di nuovo con vinaccia fresca, pronta per un’altra cotta. Per ottenere tre litri di grappa servono cento chili di vinaccia. Da non perdere le cantine, utilizzate anche come contenitori di eventi culturali.

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Ma il museo racconta soprattutto una storia familiare avventurosa, fatta di sacrificio ma anche di capacità di guardare lontano, di avere una visione del futuro tramandata di generazione in generazione. Tutto questo è raccontato a Schiavon, dove è stata girata la fiction di successo di Rai Uno, “Di padre in figlia”, un grande romanzo popolare al femminile che narra la storia di una famiglia di produttori di grappa di Bassano tra il 1958 e gli anni Ottanta, interpretato da Alessio Boni, Stefania Rocca e Cristina Capotondi.

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Un’epopea, quella della famiglia Poli, partita nel 1818, col trasferimento di GioBatta da San Luca a Schiavon, dove arrivò con i suoi nove figli e la moglie. Un uomo visionario, capace di intraprendere una nuova attività e di vedere lontano, lungo i binari del treno a vapore che stava per arrivare, chiamato “vaca mora”. Dal visionario al commerciante: ecco il figlio Giovanni, che raccolse l’eredità spirituale del padre ma portò nell’azienda di famiglia l’automobile ed il telefono, strumento grazie a quale conobbe la moglie. Il suo numero aveva una cifra sola: il 2 (il numero 1 era quello del centralino della Tel.Ve., la Telecom di allora).

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Giovanni ricavò un impianto di distillazione modificando la vaporiera a legna di una locomotiva. Amava circondarsi di persone colte ed alla sua tavola si leggeva “Il Popolo” e “L’Unità”. Poi venne Toni Poli, famoso per i suoi viaggi con la moto Guzzi rossa del ’50, dall’Egitto al Polo, e per avere modificato l’impianto di distillazione originario che viene usato ancora adesso. L’ultima generazione è quella dei fratelli Giampaolo, Barbara, Andrea e Jacopo, vulcanico quanto il padre.
Info: Poli Museo della Grappa, sede di Bassano del Grappa, via Gamba 6, tel.0424 524426, aperto tutti i giorni dalle 9 alle 19.30, ingresso libero (chiuso gennaio, Pasqua, 25 dicembre); sede di Schiavon, via Marconi 36, tel. 0444 665775 (dal lunedì al sabato 8.30-13 e 14-19, ingresso libero. www.poligrappa.com

Testo/Monica Guzzi – Foto/Monica Guzzi e Google Immagini


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