site logo
  • ABOUT
    • CHI SIAMO
    • REDAZIONE
  • NEWS
  • TURISMO
    • ATTUALITA’
    • ITALIA
    • EUROPA
    • MONDO
    • BENESSERE
    • ENOGASTRONOMIA
    • OSPITALITÀ
    • TRASPORTI
  • REPORTAGE
  • CULTURA
    • EVENTI
    • LIBRI
    • MOSTRE
    • NATURA – SCIENZA
    • STORIA – STORIE
  • TOUR OPERATOR
  • CONTATTI
Homepage > CULTURA > NATURA/SCIENZA > L’affascinante storia della pietra fosforica bolognese
settembre 1, 2017  |  By Giuseppe Rivalta In NATURA/SCIENZA

L’affascinante storia della pietra fosforica bolognese

342 Nodulo di Barite da Paderno

“Bologna – Sera del 20 ottobre 1786. Ho passato tutta questa bella giornata all’aria aperta. Mi avvicino appena alle montagne e già mi sento nuovamente attratto dalla mineralogia. Comincio a credere di essere come Anteo che si sentiva tanto più fortificato quanto più si poneva a contatto con la Terra, sua madre. Mi  son  recato  a cavallo a Paderno ove trovasi lo spato pesante di Bologna, col  quale  ho preparato delle  piccole  focacce che,  essendo  calcinate, sono  luminose nell’oscurità se prima sono state esposte alla luce. Qui, bene e brevemente, le chiamano fosfori….Trovai copiosamente il desiderato spato pesante…I pezzi, grandi e piccoli, da me trovati si avvicinano, imperfettamente, alla figura di un uovo…Il campione più pesante che trovai, pesa 17 piombi da scandaglio di mezz’oncia…

Da “Viaggio in  Italia”  di  W. Goethe

Calanchi di Paderno
Calanchi di Paderno

Sembra incredibile  come  una semplice pietra possa aver attratto tanti personaggi, venuti  anche da  lontano,  come Wolfgang Goethe  il quale,  trovandosi  a  passare da Bologna,  per  raggiungere alla fine  la Sicilia, conoscesse la  fama  di un  minerale da  decenni  diventato  molto  ricercato  dagli  alchimisti di  mezza Europa, e  che  si  trovava  esclusivamente  in  mezzo  a scoscesi e scivolosi calanchi situati ad  alcuni  chilometri  dalla  città. Per raggiungere la località  di Paderno, sostando  presso  l’antica  chiesa omonima e la  relativa  taverna, lo  scrittore tedesco  era  partito a  cavallo  dalla locanda Al Pellegrino nei pressi  della Porta Santo  Stefano.  Non molto  dopo aveva  cominciato  a  salire lungo un’ antica  strada e attraverso  boschi,  per raggiungere  dopo almeno  una decina  di  chilometri  la  zona situata presso le sorgenti  del piccolo Rio Strione, un torrentello  che sfocia  a Rastignano  nel  fiume Savena.  Ma  la  quasi incredibile storia  di  questa pietra ha  inizio  ben 184 anni prima  che  il  trentasettenne viaggiatore tedesco  la  venisse a  raccogliere lassù,  nei  calanchi  scoscesi . Nel  1602 viveva a Bologna  un  calzolaio con la  passione  dell’ Alchimia.

Il laboratorio dell'alchimista Pieter Bruegel
Il laboratorio dell’alchimista Pieter Bruegel

Qui è  necessario  brevemente  definire  che  cosa  fosse a quei tempi  l’Alchimia, una materia  tra  lo  scientifico,  il  filosofico  e  la  magia, in altre parole  era  una  scienza esoterica. Il  termine  Alchimia ha  un’origine  araba e  cioè al-kimiya (ovvero  arte della pietra filosofale). In realtà  quest’ “arte” era  nata  nel  mondo ellenistico  egiziano nel  I° secolo  d.C. In altri  termini  si proponeva  di trasformare i  metalli, previa tecniche  di manipolazione. Lo  scopo  era di riuscire  a trasmutare  questi  materiali in oro,  oltre anche a elaborare metodi per  allungare  la  vita e cose simili. Gli alchimisti avevano, generalmente,  un  loro locale destinato  a  laboratorio attrezzato  con alambicchi, beute, bilancie ecc. e con un immancabile  forno. Mescolavano insieme  diversi  composti per  cercare  di  realizzare qualcosa  di  nuovo, non presente  in natura, nè  più  e  né  meno  come  spesso  fanno i  ragazzini  a cui un genitore ha  regalato la  scatola “Il piccolo chimico”,  e quindi  operano  con i  composti senza  vere e  proprie  cognizioni scientifiche, quindi non scevre da rischi. A partire dal  medioevo  alcuni, che  i veri  alchimisti  definivano ironicamente  Bruciatori  di  carbone, furono  coloro  che  facevano  esperimenti,  senza  porsi  troppi  problemi  filosofici: questi furono gli effettivi precursori  della  moderna  Chimica.  Proprio a costoro si  deve  la creazione  di  composti oggi  a  noi  noti.

Fortunio Liceti
Fortunio Liceti

La  famosa  Pietra Filosofale fu ricercata da  tutti,  ed alcuni  personaggi famosi  affermarono addirittura  di possederla. Tra questi, nel  XVIII° secolo, vi  fu Giacomo Casanova, il quale lasciò una lettera in cui  spiegava come  trasformare  l’argento in  oro (in realtà  come dare all’argento un  colore  dorato !). Cagliostro (al  secolo  Giuseppe Balsamo) fu un esperto  alchimista, riuscendo  (si  dice) a  trasmutare il piombo in  oro, oltre  a  curare  le  persone  con pozioni magiche e stimolandole a reagire psicologicamente alla malattia. Non  meno  famoso  fu l’ alchimista  francese Nicolas Flamel, il quale visse  tra  il XIV e XV secolo e  che credeva  di  essere sulla strada  per raggiungere l’immortalità. Anche Federico Gualdi del  secolo  XVII° fu  un  attivo  alchimista  a Venezia e  fu un  mercante  di  minerali. Scrisse  “De lapide philosophorum”  in  cui  si  comprende  il desiderio, ante litteram, di usare  metalli imperfetti (rame, piombo, ferro, ecc. ) per  trasformarli in oro (metallo  perfetto). Questa  fantomatica  pietra, in  conclusione, oltre a  servire  a trasformare  i  metalli comuni in oro, simbolo  di immortalità, consentiva anche di poter arrivare a realizzare un elisir di  lunga  vita (in altri  termini   curare  le  malattie) ed  infine, da  cui deriva il  termine  “filosofale”, per aprire la  mente  ottenendo  la  conoscenza  di  tutto ciò  che  ci  circonda, riuscendo  a discernere esattamente  il  bene  dal  male. L’alchimista vero, contrariamente  a  quanto  si possa  pensare,  era un uomo proteso a raggiungere un livello  morale  altissimo e  che  aveva  perso  ogni  forma  di  egoismo. In altri  termini  cercava  di porsi  in  una  posizione  al di sopra  dei  comuni  mortali. Oltre all’ alchimia  diffusa in Europa, esisteva anche quella cinese,  indiana, greco- alessandrina, egiziana  e, ovviamente, del mondo islamico.

Alchimisti
Alchimisti

Tornando  alla  nostra  prodigiosa  pietra di  Paderno, analizzata sotto l’aspetto puramente  mineralogico si tratta di  un minerale  di  Bario   rientrante  nel  gruppo  della Celestina, con  un elevato peso  specifico. I cristalli  hanno  aspetti  divers,i tra  cui le varietà fibroso-raggiate. La  sua  origine è  connessa con filoni idrotermali, cioè formatasi per deposizioni in soluzioni  acquose, ultimo  stadio del  consolidamento  del  magma  e con  temperature al  di  sotto  dei 374° C. La  Barite  risulta  spesso  associata a  minerali metalliferi. Quella  che  si  trova a Paderno  pare abbia  avuto  contatti  con  del  rame, molto presente  nelle argille appenniniche.   Una  volta  macinata e  calcinata si  trasforma  in  Solfuro  di  Bario. La sua  presenza  all’interno  delle  argille scagliose, sotto  forma  di  noduli  o  arnioni  anche di  considerevoli dimensioni, rientra  in quei meccanismi geomorfologici originatisi  quando una parte del  fondo  marino  del  bacino  Ligure-Provenzale  venne  spostato verso  Nord-Est.

Arnione di Barite da Paderno
Arnione di Barite da Paderno

Questa  traslazione  era  stata provocata  dal  movimento  di  rotazione, antiorario, della  micro zolla sardo-corsa la quale  letteralmente  “ruspò” verso  Nord Est, il  fondo  di  quel  mare caoticizzando  le  diverse formazioni  geologiche che  lo  componevano, Questo  avveniva  circa  30 milioni  di  anni  fa. Le  falde di  rocce, provenienti  da un bacino  oceanico  originale (Oceano  Tetide), erano  costituite da  basalti  del pavimento  oceanico metamorfosate (= ofioliti), da diaspri  e  da  potenti  materiali  di origine sedimentaria. Le  impressionanti  frane  sottomarine  successive  frantumarono  e  mescolarono ulteriormente  le  varie  componenti  rocciose  e  mineralogiche. La Barite  era tra queste. Tali  coltri (definite Liguridi) furono  successivamente ricoperte da  nuovi  sedimenti (Gessi,  Arenarie,  ecc.), finchè  l’Appennino settentrionale  si  sollevò  definitivamente. L’intensa erosione  che  ne  seguì,  accelerata anche  dai periodi  glaciali, fece  riportare  in superficie  quelle argille  caotiche e,  con  esse, anche i  minerali contenuti .   Alla Pietra Fosforica Bolognese  (varietà  tipicamente  di  Paderno) vennero  dati  diversi appellativi   come Pietra Bolognese, Pietra di Luna, Pietra Luciferina, Spongia Lucis,  ecc.

Cristalli di Barite
Cristalli di Barite

Ma torniamo nel 1602,  al  nostro  calzolaio o  ciabattino  bolognese Vincenzo Casciarolo (1571 -1624). Questa persona di  modeste  origini, oltre al  lavoro  di riparazione  di  scarpe, aveva  la  passione  per  l’alchimia, con  cui poteva produrre  dei pigmenti.  Un giorno  avendo  recuperato  da Paderno   dei curiosi  noduli  fibrosi  di  barite,   li mise  in un  fornetto (dopo  averli preventivamente  macinati) insieme  a  polvere di carbone  di legna, albume  d’ uovo, gomma  adragante (sostanza ricavata  dalla pianta  di  astragalo) e altre sostanze. Dopo un riscaldamento  della  miscela  di almeno  tre  ore la  polvere  nera  con i  cristalli di  bario veniva  raccolta. Senza  sapere  che  il  Solfato  di  Bario,  in  queste condizioni,  diventa  un  Solfuro, si  accorse  con  stupore  come , se durante  la  fase di  raffreddamento  il  composto era stato esposto  alla  luce, una volta  messo  al  buio  emetteva  una  luminosità verde-azzurrognola: aveva  scoperto il  fenomeno  della termoluminescenza, a noi ben noto ma allora sconosciuto.  Casciarolo  chiamò  questa  straordinaria  roccia “Spongia solis”  (Spugna  di  Sole), in quanto  questa  pietra assorbiva  la  luce  del  sole per riemetterla  una  volta posta in un ambiente oscuro. Occorre arrivare  al  1612  quando Giulio Cesare Lagalla, un medico  salernitano, incontrò più  volte Galilei,  il quale  gli  mostrò  le Pietre lucifere  di  Bologna. Da  ciò prese  spunto per pubblicare il primo scritto  a  riguardo.

Cristalli di Barite
Cristalli di Barite

Dieci  anni  dopo  Pietro Poterio, medico bolognese, descrisse  la  preparazione  per  ottenere  la luminescenza. Fu seguito  nel  1634 da una  pubblicazione  di  Maiolino Bisaccione e Ovidio  Montalbani, i quali  proposero  di  chiamare quella  barite “lapis cascialoranus”. Nel  1640  Fortunio  Liceti,  medico e  scienziato, che  all’inizio  del  1600  aveva studiato  a Bologna, entrò  in contrasto  con  Galilei per quanto  riguardava  la struttura  dei  cieli. Per  il  Liceti, infatti,  la Luna era una  sfera la  cui  luminosità   sarebbe  stata  generata dal suo interno. A tal  riguardo  riteneva che la Pietra  di  Bologna ( Litheophosforus  sive de lapide Bononiensis) non  fosse altro  se non  un frammento  di  Luna, per  via  della sua  incredibile  luminescenza. Il misterioso  fascino  che  derivante  dalla Pietra fosforica bolognese venne citato  ancora  una  volta  da Wolfgang von Goethe nel romanzo  epistolare “I dolori  del  giovane Werther” pubblicato  nel  1774, mentre secoli  dopo, nel  2016, l’attrice e  regista Angelica Zanardi presenterà uno  spettacolo con un testo  di Sonia Antinori  dal  titolo “Lo strano  caso della  pietra fosforica bononiensis” e  non  sembra una  coincidenza  che  questa persona abiti proprio a Paderno.

Testo/Giuseppe Rivalta – Foto/Giuseppe Rivalta e Google immagini


 

Print Friendly, PDF & Email
natura/scienza

Article by Giuseppe Rivalta

Previous StoryArmenia preziosa, il cuore cristiano del Caucaso
Next StoryGiovani imprenditori cercasi per un turismo diverso

Related Articles:

  • APERTURA INGRESSO BASSO NEL FOLTO DEL BOSCO - Foto G. Rivalta
    Andiamo “all’Inferno” ai piedi di San Marino
  • APERTURA
    Al maestro di potatura della vite Marco Simonit il premio Vinitaly International Innovation 2023

caterorie

  • ATTUALITA’ (82)
  • BENESSERE (69)
  • CULTURA (86)
  • ENOGASTRONOMIA (255)
  • EUROPA (59)
  • EVENTI (303)
  • ITALIA (85)
  • LIBRI (34)
  • MONDO (77)
  • MOSTRE (88)
  • NATURA/SCIENZA (65)
  • NEWS (122)
  • OSPITALITÀ (128)
  • REPORTAGE (73)
  • STORIA-STORIE (71)
  • TOUR OPERATOR (100)
  • TRASPORTI (46)
  • TURISMO (332)
  • Uncategorized (1)

cerca

archivi

facebook

facebook

instagram

instagram

registro della stampa

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano N°85 del 21 febbraio 2017

Direttore Editoriale
Anna Maria Arnesano
Via California 3
20144 Milano
am.arnesano@gmail.com
info@terreincognitemagazine.it

Direttore Responsabile
Anna Maria Arnesano
Co fondatore Giulio Badini
Via California 3
20144 Milano
arnesano1@interfree.it

Le immagini a corredo dei testi vengono a volte tratte da internet e da Google Immagini, i quali non sempre indicano correttamente i nomi degli autori o la presenza di copyright.
Qualora inavvertitamente avessimo inserito immagini violando dei diritti, preghiamo i diretti interessati di volercelo segnalare. A richiesta provvederemo a rimuovere subito l’immagine incriminata, oppure ad indicarne la corretta attribuzione. Grazie

latest posts

  • Eventi Nomadi, alla scoperta di storie, mondi, persone e culture maggio 12, 2025
  • Artistica Bruxelles maggio 9, 2025
  • Gourmet sull’altopiano del Renon e alle fermate del trenino maggio 7, 2025
  • Friuli Venezia Giulia, Via dei Sapori, 25 anni d’impegno e successi maggio 5, 2025
  • Olanda, un tesoro verde nel Cuore dei Paesi Bassi maggio 2, 2025

tags

anogastronomia attualità attuslità benessere cultura enogartronomia enogastronomia enogastronomia. italia enogatronomia enogatsronomia enpgastronomia europa eventi evento italia libri mondo mostre natura natura-scienza natura-storie natura/scienza news news. enogastronomia ogastronomia ospialità ospitalità ospitalià ospitaltà reportage repotage scienza storia storia-storie storia/storie tour operato tour operator tour operator. turismo trasport trasporti Ttualità turismo

libro

libro

Terre incognite: geografia per viaggiatori curiosi

Copyright © 2016-2017 Terreincognite Magazine, Tutti diritti riservati.