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Homepage > CULTURA > NATURA/SCIENZA > Quando la natura diventa arte: botroidi e cogoli dell’Appennino bolognese
ottobre 7, 2017  |  By Giuseppe Rivalta In NATURA/SCIENZA

Quando la natura diventa arte: botroidi e cogoli dell’Appennino bolognese

733 Botroide a grappolo

Botroidi  e Cogoli sono  due termini  poco  noti  al pubblico non specialistico,  anche  se appassionato  di  natura. In queste pagine  cercherò  di spiegarne  il  significato  e  raccontarne  la  storia.  Luigi Fantini, noto  ricercatore  bolognese  che  aveva  scoperto  il vasto  sistema carsico  dei Gessi  Bolognesi ed aveva riportato  alla luce antichissime industrie paleolitiche appenniniche, nella rivista Strenna Storica Bolognese del 1960 aveva pubblicato un articolo dal titolo “Curiosità  geo-mineralogiche  dell’Appennino  bolognese”. In questo ormai famoso articolo, nella  parte  dedicata  ai curiosi  Botroidi,  così  ebbe a scrivere: “… Preso e compreso come ero dalla ricerca dei miei preziosi manufatti, per un certo tempo non diedi soverchia importanza a questi strani “sassi” ma, avendone un giorno notati di  bellissimi, prevalse il  mio istinto…e non  andò guarì, che la  mia cantina se  ne arricchì in pochi mesi di un qualche centinaio!”

Botroidi, foto L. Fantini
Botroidi, foto L. Fantini

Che cosa sono? Il Prof. Gian Battista Vai, Direttore  del  Museo  Capellini  dell’Università  di  Bologna, così  definì  queste particolarissime forme  arenacee dell’Appennino Settentrionale:“I botroidi sono uno dei tanti tipi di concrezioni. Sono quei corpi più cementati e induriti che si trovano nelle rocce clastiche pelitiche e finemente sabbiose. Si formano per circolazione subacquea e capillare, di acque arricchite in carbonato di calcio o altro sale precipitabile all’interno degli interstizi del sedimento, in corso di compattazione. L’ambiente di deposizione del sedimento ha poca importanza nella formazione delle concrezioni. Non sono stati trovati botroidi, o altre concrezioni, nelle Sabbie Gialle, che in genere sono sabbie molto pulite e prive di matrice fine. Quanto all’età (per quello che  riguarda i  campioni    provenienti  dal pede-appennino – ndr),  sono pliocenici e miocenici. Quindi  avremo botroidi nel Pliocene Intrappenninico e altri nel Miocene della Formazione del Termina (antecedente alla crisi di salinità  del  Mediterraneo e alla Formazione Gessoso-Solfifera). Infatti questi sono prodotti della diagenesi precoce del sedimento (in termini geologici). In Umbria e Marche, altri tipi di queste  concrezioni sono  abbastanza  comuni e spesso  disposte a livelli.

Botroide
Botroide

La parola  “botroide”  riunisce  tutte  quelle  forme che hanno un  aspetto  simile  ad  un  grappolo, e  sono  caratterizzati  dall’assenza  di una  evidente struttura  interna. I Cogoli (altro tipo di  concrezione) invece  hanno  una  struttura spesso  stratificata e una  forma  tipicamente sferica.  Queste ultime concrezioni possono  raggiungere considerevoli  dimensioni. Per entrambi le  numerose  conchiglie  facenti  parte del  sedimento  marino hanno  fornito il  Carbonato  di  Calcio  che  ha  cementato,  con processi  di  diagenesi (cambiamenti  chimici e  fisici di un sedimento) i  granelli  di  sabbia, inizialmente  incoerenti. Anche  se di  origini  in parte  differenti,  queste concrezioni  si osservano in diverse  parti  del  mondo. Durante un mio  viaggio in Cile,  nel  Museo di   Copiapò (importante regione  mineraria), s’incontrano esemplari  di  botroidi  simili  a  quelli  bolognesi. Forme  cosi dette “botroidali” o  a  grappolo,  esistono anche nel  deserto  del  Sahara. Tra questi, alcuni esemplari curiosi sono  chiamati  “Bambole  del  deserto” per la  forma  che  ricorda  rotondeggianti pupazzetti, e sono  costituite da un mix di  granelli  si  sabbia  e di  gesso. Sempre  in Sahara (Libia) esistono forme  a  grappolo  di  matrice  scura in  cui i  minerali  di  ferro manganese sono  sublimati   all’esterno, per  le estreme  condizioni  climatiche dovute all’escursione termica  (= vernice  del  deserto). Campioni botroidali   provengono  anche  dalla Patagonia Argentina , modellatisi  in  depositi  di  origine  vulcanica. Anche l’Alaska  presenta  forme  che  ricordano  i  Botroidi, particolarmente nei pressi  dei  torrenti auriferi.

Sfere nel Deserto egiziano
Sfere nel Deserto egiziano

Ma  torniamo  ai  nostri  Botroidi bolognesi. I primi reperti trovati e ad essere  in  un  certo  senso  studiati,  sono   stati  quelli collezionati  da  Ulisse Aldrovandi, il  grande  naturalista bolognese della seconda metà  del 1500.  Nei suoi quattro  libri “ Musaeum metallicum”, pubblicati postumi  nel  1648,  vi  sono  una  decina  di tavole  raffiguranti  botroidi  provenienti  verosimilmente  dal  Rio delle Meraviglie, un  piccolo  corso  d’acqua che scende dalle  prime colline vicino  a Crespellano (Bo). L’Aldrovandi, a quell’epoca, si  stava  già interessando   riguardo  alla  presenza  di  fossili  nelle  rocce, ma  ancora ovviamente mancavano a quei  tempi  precise cognizioni  scientifiche. Fu comunque  Aldrovandi  a  coniare  il  termine “Geologia”. I campioni del  Rio  delle Meraviglie avevano  destato in  lui un notevole  interesse e,  a quelli più  curiosi,  dedicò  molte  pagine nel  suo  lavoro Musaeum Metallicum.

Cucurbitem e zucca da Aldrovandi
Cucurbitem e zucca da Aldrovandi

La straordinaria rassomiglianza di questi  botroidi  con  frutti, animali o oggetti (mancando  allora ancora  una  classificazione  vera e  propria),  lo  obbligarono  a  dare  delle  definizioni  a  volte suggestive, come ad esempio Orchites, Cucurbites, Melopoponites ecc. Altri invece  li  chiamò “Panis”, “Chelonites”, “Boletites” ecc., vale a  dire “corpo  roccioso” in forma  simile a quello  di  zucca ecc. Interessante è  leggere  la descrizione  che l’Aldrovandi  diede  di  alcuni  di  questi.  Dei botroidi  della  collezione   Aldrovandi oggi   ne restano ben  pochi, visibili  al  Museo  a  lui  dedicato  a Palazzo  Poggi (Università  di Bologna). Nel  Rio  delle Meraviglie anni  fa, con la  costruzione  di  una  briglia,  sono stati  coperti  gli  strati di  arenaria da  cui provenivano.  Essendo il significato  di  “botroide” corrispondente a “grappolo”, la  parola  è  stata usata  non  solo in  geologia, ma  anche  in medicina,  per evidenziare neoformazioni per lo più tumorali .

Cogoli in parete
Cogoli in parete

 I Cogoli. Come  già  accennato all’inizio, oltre ai botroidi  nelle arenarie dell’Appennino bolognese si rinvengono  altri tipi di  concrezioni: i  Cogoli. Si  tratta di  aggregazioni sferoidali prive di una  vera e propria  struttura  concentrica, formatesi entro sabbie/fanghi non  ancora  consolidati dove, nelle  crepe  che a  volte  si  sono  formate,  si è poi  depositata  calcite (come  è accaduto per  le  septarie delle Argille Scagliose  dalla  tipica matrice argillosa).    Questo  fenomeno di cementazione  si è formato  nel  fondale  marino, o in acque  salate. La tipica forma  sferica  indica,  secondo  gli  studiosi,  che  il  carbonato  di  Calcio era localmente presente  in quantità  maggiori  rispetto  al contenuto  dell’acqua. Grandi sfere  sono reperibili  in  diverse  parti  del pianeta. Tra queste meritano  di  essere  ricordate quelle  della Nuova Zelanda (= I massi  di  Moderai) o quelle  del  Lago  Qarum  nella  Depressione  di  El Fayoum,  nel  deserto  occidentale egiziano. Qualcosa  di  analogo è  stato  scoperto  anche  in Bosnia, ma  mancano  ancora  seri  studi  a  riguardo. In Costa Rica  vi  sono  numerosissime  sfere,  però di roccia a  matrice vulcanica.  In questo caso  si  ritiene  siano state  prodotte  da  una antica  tribù locale.

Egitto Lago Qarum
Egitto, Lago Qarum

In Romania  invece  sono  diventate  una grande attrazione  i  cosi detti  “Trovanti”, grandi  concrezioni di  sabbie  cementate.  Si possono  vedere a Ramnicu Valcea. Anche  se spesso presentano  consistenti  dimensioni, possono  assomigliare lontanamente  ai  nostri  Botroidi. Attorno  a queste ultime  circolano  storie molto particolari  al  limite  della fantasia, alimentate dalle  leggende popolari. La  direzione  del  museo “Muzeul Trovantilor”,  creato e voluto dalla Facoltà di Geologia e Geofisica di Bucarest, viene gestito  dall’Associazione “Kogayon di Florin Stoican”. Così vengono definite queste  strane  concrezioni:“Sono  formazioni geologiche  di  sabbia e  ghiaia, formatisi  7 milioni  di  anni  fa, dai  sedimenti  portati  da  un  grande  fiume. Una  cementificazione ha creato  forme  molto  strane. “  Hanno  misure  che  partono  da  pochi  millimetri  ed arrivano  fino a 6-8 metri.

Museo dei Botroidi a Tazzola
Museo dei Botroidi a Tazzola

Il Museo dei Botroidi. Da alcuni  anni   a Tazzola,  frazione sotto il   Monte delle Formiche (Bo) in Val di Zena,  il  sottoscritto con l’amico  Lamberto Monti  ha  creato un originale percorso  espositivo,  partendo proprio  dai  numerosi  Botroidi  raccolti nel  letto  dello  Zena  da Luigi  Fantini  quasi  quarant’anni  addietro. Dalla scomparsa  di  Fantini se ne era persa la memoria,  dimenticati  al  Castello  di  Zena. Noi  del Gruppo  Speleologico Bolognese li  avevamo  trasferiti  dal  Museo  Civico al  castello  dove, anni prima, a  Fantini  era stato messo  a disposizione  un  ampio locale. Ritrovati nel  2006  ancora avvolti  nei  giornali  degli  anni ’70 (che  il  ricercatore bolognese aveva  posti  all’interno  di  fustini  da detersivo in cartone), li abbiamo esposti in una vecchia stalla dismessa a Tazzola, Lì li abbiamo  valorizzati, distribuendoli in  diverse  scansie. Oltre a questi strani conglomerati, abbiamo pensato  di  creare un percorso  geologico  che, in  dieci  metri,  coprisse  oltre  60  milioni  di  anni,  raccontando  con  minerali  e  fossili l’affascinante  storia  geologica  dei  quattro  mari  che  hanno interessato nel tempo la Val di  Zena. Il successo è stato  progressivo, con l’inserimento  di  visite  guidate alle scolaresche dai comuni vicini.  Numerose poi le persone che  qui  sono  arrivate anche  grazie al sentiero  CAI 815. Incredibilmente siamo entrati  negli  elenchi  dell’Associazione Nazionale Piccoli  Musei, di Bononia Docet,  di  Bologna Welcome, dei Musei  Metropolitani del  Comune  di  Bologna , di  Geocaching-Italia, di TripAdvisor  ecc. Tutto  questo  grazie  ai  Botroidi  di  Luigi Fantini,  che  ora  spero  di  aver  meglio  fatto conoscere ed apprezzare con  queste  pagine.

Si  ringrazia il Prof. Gian Battista Vai , Direttore del  Museo Capellini dell’Università  di  Bologna, per  la revisione  del  testo e l’Associazione “Kogayon di Florin Stoican” ed  il  “Muzeul Trovantilor” – Romania per la collaborazione. www.parcomusealedellavaldizena.it/,    info@parcomusealedellavaldizena.it

Cogolo
Cogolo

Testo/Giuseppe Rivalta – Associazione Parco Museale della Val di Zena (BO) Foto/Giuseppe Rivalta e Google Immagini – In copertina, Presepio di botroidi


 

 

 

 

 

 

 

 

 

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